Assange, l’unica sentenza giusta è la liberazione

Assange, l’unica sentenza giusta è la liberazione

Assange, l’unica sentenza giusta è la liberazione


di Luigi Mastrodonato

L’Alta Corte del Regno Unito ha stabilito che Julian Assange potrà essere estradato negli Stati Uniti. Il inventore di Wikileaks, accusato di cospirazione e spionaggio per aver ottenuto e divulgato documenti secretati sulle attività militari statunitensi in Afghanistan e Iraq, rischia fino a 175 anni di carcere oltreoceano ma finora la giustizia britannica si era espressa contro la sua estradizione a causa della sua precaria salute mentale e del rischio di trattamenti inumani e degradanti che potrebbe subire una volta negli Stati Uniti.

La nuova sentenza che ribalta il quadro arriva proprio nella giornata mondiale dei diritti umani e sullo sfondo del summit delle democrazie organizzato in questi giorni dal presidente americano Joe Biden. Un paradosso che è anche inconsapevolmente un campanello d’allarme su come ci sia ancora molta strada da fare sotto questo punto di vista. L’incriminazione di Assange e, ora, la possibilità che venga consegnato nelle mani di quello stato americano che da 11 anni gli stringe le mani al collo con la collaborazione dei suoi alleati, è una delle ombre più lunghe sullo stato odierno della democrazia occidentale. In ballo ci sono molte, troppe cose, come la libertà di stampa, la dignità della persona, il diritto alla salute come priorità a cui poi segue tutto il resto.

Fior fior di perizie hanno evidenziato come anno dopo anno le condizioni di salute di Julian Assange siano andate deteriorandosi. Un quadro che in uno stato all’avanguardia avrebbe dovuto portare alla sua scarcerazione nella migliore delle ipotesi, agli arresti domiciliari nel peggiore. E che invece potrebbe presto risolversi con la sua consegna nelle mani nel suo accusatore, dove le cose non potranno che peggiorare. Assange in tutto ciò non è nemmeno un condannato, ma una persona in attesa di giudizio trattato da anni come il peggiore dei criminali.

Gli Stati Uniti hanno rassicurato i giudici che il inventore di Wikileaks verrebbe trattato bene una volta nel paese, affermando anche che in caso di condanna sarà trasferito in un carcere della sua Australia. Ma per arrivare all’eventuale condanna ci potrebbero volere anni, duranti i quali Assange resterebbe rinchiuso nelle galere statunitensi da nemico per eccellenza degli Stati Uniti. Abbiamo già visto in passato come vengono trattati questi profili oltreoceano: il caso di Guantanamo, dove si trovano reclusi terroristi e loro collaboratori, è probabilmente il più grande buco nelle democrazia americana, un coacervo di pratiche disumane, torture, violenze fisiche e psicologiche che ricordano più il concetto della pena corporale in vigore fino all’Ottocento che non la sua evoluzione rieducativa dei due secoli successivi.



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www.wired.it
2021-12-11 06:00:00

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